Il Fiscal Compact è il patto di bilancio europeo, uno dei più importanti e discussi trattati firmati dai paesi membri. Capiamo nel dettaglio cos’è e qual è il suo impatto sull’economia.
Il Fiscal Compact, per definizione, è il Trattato sulla stabilità e il coordinamento all’interno dell’Unione Europea ed è relativo alla politica economica e monetaria. Anche se è uno dei trattati più importanti molte personalità critiche rispetto all’euro hanno affermato l’insostenibilità del Fiscal Compact per molti stati dell’Eurozona.
Infatti il patto di bilancio è stato uno dei temi maggiormente affrontati nei dibattiti politici. Cerchiamo però di capire nel dettaglio di cosa si tratta e quali sono le regole imposte dal Fiscal Compact.
Cos’è il Fiscal Compact
Come abbiamo anticipato il Fiscal Compact, a livello formale, è un accordo che interessa tutti i paesi che fanno parte dell’Unione Europea. Prevede delle norme e dei vincoli comuni di natura economica. Queste norme hanno l’obiettivo fondamentale di contenere e mantenere sotto controllo il debito pubblico nazionale di ogni paese.
In pratica è diventato il sinonimo della tanto discussa austerità. A distanza di due anni dalla sua firma molti dei suoi sostenitori, anche in Italia, hanno affermato che il Fiscal Compact è stato un errore.
Questo però non ha fatto che alimentare il dibattito e la precaria situazione intorno a questo trattato. Le economie di diversi paesi, già in grande difficoltà per la crisi, si sono però.
Crisi e Fiscal Compact
L’unico modo che i pesi dell’Eurozona avevano per ottenere abbastanza denaro era quello di offrire interessi sempre più alti ai propri investitori. Questo ha portato ad una crescita verticale degli interessi, insieme alla crisi produttiva e della ricchezza di questi paesi, spingendoli ad un passo dalla bancarotta.
Uno degli esempi fondamentali di questa situazione è stata la Grecia. Questo paese infatti fu costretto a negoziare nuovamente le condizioni del proprio debito pubblico. Se non fossero giunti aiuti economici da altri stati, avrebbe finito per dichiarare la bancarotta.
La Grecia però non è stato l’unico paese a risentire della situazione. Infatti anche nazioni come Spagna, Portogallo e Cipro hanno dovuto chiedere aiuti internazionali per mantenere salda la propria economia. Questa serie di problematiche economiche però non era relativa ai singoli paesi.
La situazione di alcune nazioni ha messo in moto una reazione a catena sul resto d’Europa. I paesi quindi ne risentivano ed erano costretti ad aumentare il proprio debito pubblico.
Per evitare, o quantomeno contenere, una crisi generalizzata l’Unione Europea decise di emanare il Fiscal Compact. Ovvero un trattato per stabilire norme e vincoli economici validi per tutti gli stati.
Questo patto permetteva di intervenire direttamente sulla politica fiscale dei singoli paesi. In un certo senso comportò la perdita della sovranità economica dei singoli paesi. Infatti i paesi le nazioni dell’Eurozona si affidarono ad un ente sovranazionale, ovvero l’Unione Europea stessa.
Le regole del trattato
Le regole più importanti contenute nel Fiscal Compact sono quattro, ovvero:
- Pareggio di bilancio – un equilibrio tra entrate e uscite di ciascuno Stato in disposizioni vincolanti e di natura permanente
- Vincolo dello 0,5 di deficit “strutturale” – ovvero quello non legato alle emergenze rispetto al PIL
- Rapporto tra deficit e PIL al 3% – questo obbligo era già previsto da Maastricht
- Obbligo di ridurre il rapporto di almeno 1/20esimo all’anno – questo serve a raggiungere un rapporto sano del 60 per cento
Gli effetti
In generale alla base del Fiscal Compact c’è l’idea, condivisa anche da economisti e dalla Commissione Europea, che i deficit e i debiti fiscali si possano tradurre in una riduzione degli investimenti privati.
Inoltre hanno anche un effetto negativo sulle potenzialità di crescita del sistema economico. È anche vero però che nelle economie che funzionano ben al di sotto del loro livello occupazionale la spesa pubblica ha un effetto positivo ed espansivo sul reddito.
Questo per due motivi, ovvero aumentando gli investimenti e incrementando la spesa pubblica. In generale l’effetto negativo di politiche fiscali troppo espansive potrebbe avere conseguenze sul costo del servizio del debito pubblico.
Quando questo tipo di politiche non viene finanziato con l’emissione di moneta, si potrebbe determinare un aumento dei tassi di interesse. Questo potrebbe quindi spiazzare la spesa privata. I valori dei moltiplicatori fiscali risulterebbero bassi o negativi, e si manifesterebbe un aumento del rapporto debito pubblico/Pil.
La conseguenza sarebbe quella di ulteriori pressioni al rialzo sui tassi di interesse per il maggior rischio associato al debito sovrano. A quel punto l’unico modo di ottenere stabilità sarebbe l’utilizzo di avanzi primari per riuscire a compensare la crescente spesa per interessi.
Infine va detto che solo politiche fiscali restrittive in grado di abbassare il rapporto debito pubblico/Pil e con ciò i tassi dell’interesse potrebbero effettivamente liberare risorse per la crescita e l’occupazione.
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